EDUCAZIONE ALIMENTARE

LA DIGESTIONE

Tutti dovrebbero sapere che ogni singolo processo di digestione e assimilazione è costituito da decine di reazioni chimiche concatenate le une alle altre. L’intelligenza organizzativa del nostro corpo programma tutto questo e si adegua ai compiti diversi che gli affidiamo quando mangiamo un cibo piuttosto che un altro. Un boccone di pane richiede una diversa elaborazione chimica rispetto a un cucchiaio dl zucchero: l’esito rappresenta anche un diverso risultato per l’organismo, per il nostro corpo.
Il pane, cibo a prevalenza di carboidrati complessi, aumenterà le nostre scorte di energia; lo zucchero, soprattutto se assunto da solo, andrà a innalzare repentinamente il livello glicemico del sangue.
Ogni alimento, scomposto, trattato e infine reso disponibile all’assimilazione dall’apparato digerente, diventa parte di noi stessi.
E’ facile allora capire la frase di G. Ohsawa: “Siamo quello che mangiamo”. Per quanto paradossale possa sembrarci, non possiamo non ammettere che quello che mangiamo finisce per diventare parte del nostro corpo.
E’ una verità tanto complessa quanto semplice e quotidiana: il nostro corpo si rinnova di continuo (ogni giorno vengono rinnovate da tre a otto miliardi di vecchie cellule).
Per questa ininterrotta opera di ricostruzione viene utilizzato il cibo, debitamente trasformato da quel complesso laboratorio biochimico che è l’apparato digerente. Le due sedi principali della demolizione del cibo sono lo stomaco e l’intestino tenue.
Quest’ ultimo è anche il luogo fondamentale dell’assimilazione: le pareti intestinali ospitano migliaia di villi che assorbono i principi nutritivi, ultimo risultato della scomposizione digestiva.
Digerire significa demolire, scomporre, ridurre l’alimento alle sue unità più semplici e renderlo disponibile all’assimilazione.

Ogni cibo, anche il più semplice, è composto da una quantità di sostanze diverse, da molti principi nutritivi.
Nella farina integrale di grano sono presenti soprattutto carboidrati (68,4 g su 100 g di parte edibile), ma non mancano le proteine (11,9 g), i grassi (1,9 g) e diverse sostanze minerali e vitamine (0,37 g). Nel tuorlo d’uovo ci sono molti grassi (32 g), ma anche proteine (16,1 g) e perfino carboidrati (0,7 g) nonché sostanze minerali varie (0,9 g).
Questa varietà di componenti presente in qualunque alimento è una completezza naturale che favorisce la buona digestione dell’alimento stesso. Più un cibo è biologico e integrale, maggiore è l’equilibrio dei suoi componenti anche agli effetti digestivi.
Privare un frutto della sua buccia vuol dire provarlo degli elementi che gli competono originariamente e che di certo hanno un ruolo attivo nella sua digestione.
Privare i legumi cotti della parte esterna, come si fa qualche volta con le pappe dei bambini, significa togliere e buttare sostanze utili alla digestione della stessa parte farinosa.
In genere si ha un concetto piuttosto vago di cosa avvenga nell’organismo dopo aver ingerito del cibo.
Si pensa che qualsiasi alimento segua grosso modo le stesse modalità di percorso. Non è così.
Ogni cibo ha un proprio modo di essere digerito, perché staziona secondo tempi diversi nello stomaco e nell’intestino, perché può essere scomposto solo da sostanze specifiche (da enzimi “su misura”, diversi per ogni singolo alimento) e in situazioni ambientali diversificate (più o meno acide, più o meno basiche).
La digestione non è dunque un processo standardizzato; ogni volta è diverso per tempi, modi e risultati.
Non a caso si parla di buona e cattiva digestione.
Qualcuno pensa ancora che ogni differenza dipenda dal tipo di apparato digerente che ogni persona si trova ad avere e attribuisce i guai della cattiva digestione a cibi particolarmente “pesanti” o alla loro assunzione in condizioni sbagliate.
Oggi sappiamo per certo, grazie soprattutto agli studi di H. M. Shelton e H. Hay, che è determinante combinare bene i cibi tra loro. Nessuno in passato ci ha insegnato a farlo; è però possibile imparare in qualsiasi momento e cominciare ad adeguarvi le proprie abitudini alimentari.
E’ impensabile mangiare un solo cibo a pasto. Questa tuttavia sarebbe la condizione ideale per assimilarlo in maniera ottimale, per evitare interferenze con altri cibi e conflitti all’interno dell’apparato digerente, per produrre la quantità minima di tossine.
Cerchiamo allora di abbinare all’interno dello stesso pasto alimenti che stiano bene assieme, che, cioè, richiedano modalità digestive analoghe. Quali sono i vantaggi?
Molti, assicurano i nutrizionisti che hanno condotto specifiche ricerche in merito e si sono avvalsi delle nuove acquisizioni della chimica e della fisiologia della digestione. Sia per il nostro benessere psicofisico che per la nostra linea.

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