ATTIVITÀ FISICA


DISCIPLINE ORIENTALI

 

QI GONG

E’ un’antichissima arte cinese che ha millenni di storia. In passato tutti, uomini, donne, bambini e vecchi, praticavano Qi Gong per esercitare il loro corpo e mantenersi in buona salute. Potremmo quindi tradurre il termine Qi Gong con allenare e lavorare con l’energia. Lo studio del Qi Gong è molto più antico delle origini delle forme di Taiji. È eseguito adottando certe posizioni del corpo, regolando il respiro e concentrando la mente, alcuni lo definiscono lo “yoga taoista”.

DAOYIN

Il Daoyin è una tecnica psicofisica cinese dalle radici antichissime finalizzata originariamente sia alla cura della salute che alla purificazione del corpo e dello spirito. Gli asceti del passato ritenevano infatti grazie ad esso di poter ottenere “l’eterna giovinezza” (changsheng bulao). La prima menzione storica a riguardo è contenuta in Zhuangzi, testo taoista del IV-II sec. a.C..
Quello che distingue gli esercizi di Daoyin da altri, è comunque l’approccio di profonda coscienza al movimento, i presupposti completamente differenti ed infine il cammino che, a partire da questi, si può intraprendere. Per la teoria della Medicina Cinese, ogni muscolo contratto ed ogni articolazione “chiusa” è un enorme impedimento al flusso di Qì e Xue (sangue). Il loro scopo principale è quello di attivare la circolazione energetica e rimuovere le eventuali ostruzioni alla libera circolazione del Soffio che possono essere causate da molti fattori, come una malattia, un disturbo emozionale od errori dietetici. Particolari esercizi vengono praticati prima o durante il levare del sole e sono legati ai cicli stagionali, tipici della tradizione taoista. Ogni movimento è in consonanza con le energie cosmiche dello specifico periodo dell’anno e porta ad armonizzare il praticante con esse.

MAHAMUDRA

Nel Buddhismo Tantrico del Tibet c’è una particolare scuola, la scuola Kagyu che è caratterizzata dal misticismo pratico piuttosto che dall’erudizione libresca. «Kagyu» significa letteralmente «Comando trasmesso».
L’agiografia ci racconta che uno dei suoi primi maestri indiani, Naropa (1016-1100), dedicò gran parte della sua giovinezza allo studio, e raggiunse infine una posizione importante nella grande università monastica di Nalanda. Incontrò il proprio guru, Tilopa (988- 1069 d.C.), il quale a sua volta era stato istruito dal Buddha primordiale Vajradhara. Per più di dodici anni Tilopa sottopose Naropa a un estenuante corso di addestramento tantrico.
Dopo che il malvagio re Langdarma aveva soppresso la prima trasmissione del buddhismo nel Tibet, una generazione di Tibetani aveva raccolto oro ed era partita per l’India in cerca di insegnamenti e di testi. Questi erano i lotsawa (traduttori). Uno di essi, Marpa (nato nel 1012), vi andò tre volte, e studiò con Naropa e altri grandi maestri. Tra gli insegnamenti che ricevette c’erano i cosiddetti Sei Yoga di Naropa e la Mahamudra. I Sei Yoga includono il Tomo che, come effetto collaterale, genera un grado di calore fisico enorme. La Mahamudra (Grande Sigillo) è una pratica molto elevata, che dà accesso diretto alla luminosa Dharmata o fondamento dell’essere.
Di ritorno in Tibet, Marpa si diede a una vita normale di agricoltore e padre di famiglia. Il suo discepolo più famoso ed erede della linea Kagyu fu Milarepa (1052-1135), il quale, essendosi scioccamente dilettato di magia nera, dovette sottostare anche lui a un rigorosissimo corso di addestramento. Non prese mai la tonaca e rifuggì dalle istituzioni, tanto che divenne l’amatissimo prototipo dello yogin libero, che segue il proprio cammino spirituale spontaneo in luoghi solitari. Egli acquisì, come risultato delle sue austerità, molti poteri meravigliosi, fu anche un poeta.

KRIYA YOGA

Sotto questo nome ritroviamo il soave insegnamento di un grande Maestro della moderna era: Paramahansa Yogananda (1893-1952). Rifacendosi in maniera ispirata ai testi classici delle Upanishad e della Bhagavad Gita, si ritrovano nel suo amorevole messaggio le pratiche respiratorie, mantriche e meditative atte a condurre il sadhaka, passo dopo passo, verso il samadhi, senza incertezze, poiché sempre sostenuto dai cristallini supporti della tradizione.

Il Kriya Yoga (i cui gradi sono quattro), tramite una semplice, sicura e rigenerante pratica di respirazione ed esercizi fisici dinamici, agisce sui centri sottili dell’uomo (chakras), determinandone il risveglio. Il respiro viene guidato lungo la spina dorsale e nei centri del capo, dall’alto in basso, e viceversa. La tecnica e la filosofia sono state tramandate per secoli da saggi illuminati, ed il kriya yoga non è un gioco: muove energie interiori profonde, e va praticato con impegno e regolarità. Secondo la tradizione la conoscenza della tecnica non dà il diritto di insegnarla o trasmetterla ad altri, a meno che non si venga autorizzati dal proprio maestro che ha trasmesso l’iniziazione. Il kriya yoga libera progressivamente la coscienza di chi lo pratica.

“Il Kriya Yoga non ha nulla in comune con i non scientifici esercizi di respirazione insegnati da alcuni zelanti mali informati. I tentativi di trattenere per forza il fiato nei polmoni sono contro natura, e inoltre decisamente spiacevoli. Il Kriya invece è accompagnato fin dall’inizio da un senso di pace ritemprante, e dà sensazioni calmanti nella spina dorsale, che producono un effetto rigenerante.
Quest’antica tecnica yogica trasforma il respiro in sostanza mentale. Con l’evoluzione spirituale si diviene capace di riconoscere il respiro, quale un atto mentale: un respiro di sogno.”

Paramahansa Yogananda – Autobiografia di uno Yogi

Corsi

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